Kant ed il problema della conoscenza nella Critica della ragion pura


L'esame critico della ragione

La filosofia non dispone di un criterio per distinguere inequivocabilmente il vero dal falso, a differenza della scienza. Kant si chiede quindi se sia possibile conferire anche alla metafisica la certezza e l'oggettività proprio della scienza. Le scienze che innanzitutto sottopone ad un esame critico sono la fisica e la matematica, ai suoi occhi le più sicure e le più affidabili, volendo capire le loro strutture logiche.

La questione viene affidata al tribunale della ragione (il processo sarà equo perché rispetta le leggi razionali, eterne, immutabili ed iscritte nella stessa natura umana) e dovrà indagare essenzialmente due aspetti: le fonti da cui la ragione medesima può legittimamente derivare le sue nozioni e l'estensione ed i confini del suo raggio d'azione. Vediamo quindi come la ragione sia il giudice e l'imputato al tempo stesso, infatti si tratta di un'autocritica.


I giudizi del sapere scientifico

Kant si pone due domande fondamentali:

- "Come è possibile la scienza?" à comunque non bisogna metterne in discussione la validità;

- "È possibile una metafisica come scienza?" à si cerca di capire se essa possa ottenere uno statuto di scientificità, nonostante fin ora abbia prodotto risultati insufficienti e discutibili.

Secondo Kant, tutta la conoscenza si basa sull'attribuzione di un predicato ad un soggetto. Tali proposizioni della scienza sono detti giudizi. Ad esempio, "il prato è verde".

Vi sono due tipi di giudizi:

- giudizi analitici à sono "a priori", nel senso che il loro contenuto non deriva dall'esperienza. Infatti il predicato è già sottinteso nel soggetto e proprio per questo il giudizio è privo di novità (ad esempio, "un triangolo ha tre lati" à già leggendo "triangolo" noi sapevamo avesse tre lati). Hanno comunque necessità e universalità;

- giudizi sintetici à sono "a posteriori", nel senso che dipendono interamente dall'esperienza. Infatti il predicato non è già sottinteso nel soggetto, ma deve essere dimostrato e proprio per questo il giudizio è una novità e non potendo prevedere il giudizio non ho garanzia della sua necessità e universalità (ad esempio, "una rosa è rossa" à solo leggendo "rosa" non potevo sapere fosse rossa).

Nella conoscenza possiamo distinguere due aspetti, quello materiale e quello formale: il primo è costituito dalle impressioni sensibili derivanti dalle esperienze (a posteriori), il secondo dalle forme con cui la mente umana ordina tali impressioni (a priori).


I giudizi sintetici a priori

Kant si dichiara insoddisfatto sia dei giudizi analitici a priori sia dei giudizi sintetici a posteriori: i primi, pur essendo universali e necessari, non contengono novità e sono pertanto infecondi, i secondi invece contengono novità e sono pertanto fecondi, ma non garantiscono la necessità e l'universalità.

Osserva però che esiste un terzo tipo di giudizi, i giudizi sintetici a priori, che sono quelli di cui si serve la scienza di Newton e mettono insieme la necessità e l'universalità con la novità (ad esempio, 7 + 5 = 12 à è universalmente e necessariamente valido, ma allo stesso tempo è fecondo di conoscenza, in quanto il risultato è ottenuto con una procedura di calcolo e non direttamente).


I due aspetti della conoscenza

La domanda precedentemente scritta su come fosse possibile la scienza viene qui riformulata nel modo seguente "Come sono possibili i giudizi sintetici a priori?". La tesi di Kant è che essi attingono la loro validità dal soggetto e non dall'oggetto.


La "rivoluzione copernicana"

La prospettiva di Kant è talmente innovativa che lui stesso la paragona a quella di Copernico nell'ambito dell'astronomia.

Quella di Kant è infatti una visione della conoscenza che ribalta i rapporti tra soggetto e oggetto. Se tradizionalmente si riteneva che fossero la nostra mente e le nostre facoltà intellettive (soggetto) a doversi adeguare alla realtà (oggetto), ora Kant sostiene che è il contrario. Infatti è la realtà che si deve adeguare alla nostra mente e alle nostre facoltà intellettive, attraverso cui la percepiamo e ordiniamo. In questa maniera il soggetto influisce sul modo in cui gli oggetti vengono compresi e partecipa attivamente all'esperienza conoscitiva.

Una conseguenza è che la filosofia non deve più occuparsi degli oggetti in sè, ma deve spostare la sua attenzione sugli elementi soggettivi a priori, che rendono possibile la conoscenza di quegli oggetti (è come se io sono il soggetto, la realtà è l'oggetto e gli elementi soggettivi a priori sono una serie di lenti colorate che il soggetto può decidere di indossare o meno e che condizionano il tutto). In questo senso Kant definisce la sua indagine filosofica "trascendentale".


Il concetto di trascendente

Kant definisce trascendentale l'interrogativo su come siano possibili i giudizi sintetici a priori, che equivale a chiedersi come sia possibile la scienza. Non vi è una definizione univoca di "trascendentale", ma il suo significato è spiegabile con "Chiamo trascendentale ogni conoscenza che si occupi, in generale, non tanto di oggetti, quanto del nostro modo di conoscere gli oggetti nella misura in cui questo dev'essere possibile a priori".

Il criticissimo di Kant non intende ampliare il sapere scientifico, ne studiare gli oggetti delle scienze, bensì mira ad apprendere quali sono i presupposti teorici del sapere scientifico e quindi legittimarlo trascendentalmente.


La struttura della Critica della ragion pura

La Critica della ragion pura è un trattato sistematico (secondo Kant infatti la sistematicità è un requisito fondamentale per ogni conoscenza scientifica e la sua struttura riflette l'architettura della ragione umana).

È suddivisa in due parti:

- Dottrina degli elementi (scompone la ragione nelle sue parti fondamentali che entrano in gioco "a priori" nel conoscere);

- Dottrina del metodo (si riferisce al metodo di applicazione di tali elementi).

A sua volta la Dottrina degli elementi è divisa in due parti:

- Estetica trascendentale (analizza la conoscenza sensibile e le sue formi a priori);

- Logica trascendentale (studia il pensiero e le sue regole).

Ancora a sua volta la Logica trascendentale è divisa in due parti (fin ora il termine ragione ha rappresentato il complesso delle facoltà conoscitive, ora gli dà un significato più specifico):

- Analitica trascendentale (si occupa dell'intelletto puro, considerato indipendentemente dalle condizioni empiriche in cui si trova ad operare);

- Dialettica trascendentale (si occupa della ragione dei suoi principi).

Tutte queste ripartizioni sono definibili "trascendentali", nel senso che hanno per oggetto le forme a priori delle singole facoltà (sensibilità, intelletto e ragione).


L'Estetica trascendentale

Nell'Estetica trascendentale Kant analizza la sensibilità e le sue forme a priori. Notiamo come il termine "estetica" è utilizzato nel suo significato originario, in riferimento non ad una teoria del bello e del giusto, bensì all'intuizione sensibile, che non è altro che l'esperienza degli oggetti esterni per mezzo dei sensi.

Secondo Kant la sensibilità ha duplice caratteristica: è sia passiva, in quanto riceve dall'esperienza esterna i dati percettivi, sia attiva, perché organizza tali dati percettivi attraverso due forme a priori, lo spazio ed il tempo (non sono derivabili dall'esperienza, ma sono condizioni a priori in virtù delle quali si conoscono degli oggetti):

- spazio à è detto la "forma del senso esterno". Grazie a tale rappresentazione le cose risultano collocate le une accanto alle altre. Partendo dallo spazio come rappresentazione necessaria a priori si ottiene infine la geometria come scienza sintetica a priori;

- tempo à è detto la "forma del senso interno". È il fondamento dei nostri stati interiori, in virtù dei quali noi li percepiamo uno dopo l'altro, in successione regolare di passato, presente e futuro. Dal punto di vista della trascendenza, il tempo è più importante dello spazio, infatti è condizioni a priori di ogni fenomeno in generale. Partendo dal tempo come rappresentazione necessaria a priori otteniamo infine l'aritmetica, come scienza sintetica a priori.


L'Analitica trascendentale

L'attività sintetica dell'intelletto

Nell'Estetica trascendentale Kant aveva parlato di come la sensibilità ci offra una molteplicità di sensazioni collegate grazie alle due forme a priori dello spazio e del tempo. Tuttavia al fine di ottenere la vera conoscenza, dobbiamo indagare anche il pensiero, il quale si articola a sua volta in ragione ed intelletto. Le forme a priori dell'intelletto vengono studiate nella parte della Logica trascendentale intitola Analitica trascendentale, dove campiamo come gli oggetti da noi intuiti grazie alla sensibilità vengano raggruppati sotto le "rappresentazioni comuni", ossia i concetti (ad esempio, un concetto può essere quello del "corpo" sotto il quale unifico tutte le intuizioni sensibili delle cose materiali).

Si noti che per Kant sensibilità ed intelletto sono entrambi indispensabili alla conoscenza ed indissociabili.


La facoltà di giudicare

I concetti di cui abbiamo appena parlato sono di due tipi: quelli empirici, che partano dall'esperienza da cui si cerca di astrarre caratteristiche generali e comuni a tutti gli oggetti interessati e quelli puri, cioè contenuti a priori nell'intelletto.

I concetti puri costituiscono i modi universali del pensare. Per Kant sono un sinonimo di "categorie", che sono i modi possibili di costruzione dei giudizi. Vista questa corrispondenza tra pensare e giudicare, Kant compila una tavola sui pensieri, ossia i concetti puri dell'intelletto basandosi sulla tavola dei giudizi.

Risulta composta di dodici concetti puri, raggruppati in quattro classi:

1) quantità

2) qualità

Queste prime due sono dette classi matematiche perché definiscono i parametri quantitativi e qualitativi degli oggetti fissi ed incontestabili.

3) relazione

4) modalità

Queste ultime due sono dette classi dinamiche perché determinano il tipo di esistenza degli oggetti, che può variare in base alla relazione che vi è tra gli oggetti stessi oppure tra essi ed il soggetto.


La giustificazione del processo conoscitivo

Kant si pone il quesito gnoseologico fondamentale: trovare il principio che giustifichi l'intero processo conoscitivo, composto di sensibilità ed intelletto. Tale giustificazione non è problematica per quanto riguarda le forme a priori della sensibilità, perché non esistono oggetti nell'esperienza dell'uomo che non siano intuiti nello spazio e nel tempo. Tale giustificazione diventa problematica per le categorie dell'intelletto: infatti esse, essendo concetti puri, apparentemente non avrebbero titolo ad ordinare i fenomeni naturali, oggetti non creati dall'intelletto e da esso indipendenti.

Allora Kant procede alla deduzione trascendentale delle categorie (il termine deduzione nel linguaggio giuridico è un processo logico tramite cui si legittima qualcosa sul piano del diritto).


Il fondamento della conoscenza: l'io penso

Kant osserva che tutta l'attività sintetizzatrice dell'intelletto ha fondamento nell'"io penso": si tratta di un concetto per mezzo del quale possiamo ricondurre ad un unico soggetto l'intero processo conoscitivo, che altrimenti sarebbe frammentato nelle varie rappresentazioni.

L'io penso è definibile anche "autocoscienza", in quanto implica la consapevolezza di un io durante il processo conoscitivo e "appercezione trascendentale", in quanto implica un'originaria consapevolezza di un io precedente al processo conoscitivo.

È così che il filosofo risolve il problema della deduzione trascendentale: giustifica le categorie perché esse, pur essendo forme soggettive del pensiero, risultano legittimamente applicate agli oggetti della natura. Infatti è solo attraverso le categorie che tali oggetti della natura sono possibili per l'uomo, senza di esse non potrei definire "mie" le varie rappresentazioni. Allora per l'uomo diventerebbe impossibile anche l'esperienza perché l'unico mondo esperibile di cui l'uomo dispone è quello "categorizzato" attraverso gli strumenti intellettivi come le categorie.

Viene anche garantita l'oggettività del sapere, perché l'io penso non è inteso nel senso di conoscenza individuale e particolare del singolo, bensì come una struttura mentale universale di tutti gli uomini ("il principio supremo della conoscenza umana").

L'io penso viene anche definito "legislatore della natura". Quest'ultima per essere conosciuta deve sottostare alle categorie umane e dunque dipende dall'uomo. Al di là che la natura venga conosciuta o meno, va riconosciuto che esiste a prescindere, quindi l'io penso non è un'entità creatrice, ma semplicemente ordinatrice.


La distinzione tra fenomeno e noùmeno

La "realtà" a cui Kant allude è unicamente la "realtà fenomenica".

Infatti va distinto tra:

- fenomeno à "ciò che appare" (ad un soggetto). Sono tutti gli oggetti che si mostrano all'uomo non immediatamente, ma solo attraverso le forme a priori della sensibilità e dell'intelletto; riguarda l'oggetto nel suo rapporto con il soggetto in virtù delle facoltà conoscitive di quest'ultimo;

- noùmeno à la realtà delle cose in sè e ciò che si trova oltre al mondo fenomenico. È pensabile / immaginabile dalla ragione, ma non scientificamente conoscibile in quanto non può venire inquadrato dalle facoltà conoscitive (sensibilità ed intelletto).

Secondo Kant la cosa in sè, anche se non è conoscibile, va riconosciuta. In questo modo si ammette che l'intelletto umano sia finito, non infinito. La cosa in sè diventa una sorta di "concetto limite" che segna il confine invalicabile della scienza, sfuggendo alle pretese conoscitive umane.


La Dialettica trascendentale

L'ambizione della ragione

La ragione umana non si accontenta di tale orizzonte finito. Infatti pretende di conoscere tutta la realtà, non solo quella a lei conoscibile, secondo questo disegno:

- tutti i dati del senso interno vengono unificati sotto le idee di anima, che diventa la totalità dei dati interiori;

- tutti i dati del senso esterno vengono unificati sotto l'idea di mondo, ossia la totalità dei fenomeni esterni;

- tutti i fenomeni, sia interni sia esterni, vengono unificati sotto l'idea di Dio, totalità assoluta.

Secondo Kant, queste tre idee sono una mera illusione di verità. Infatti non si può dimostrare:

- l'immortalità dell'anima;

- l'ordine generale del mondo nella sua totalità;

- l'esistenza di Dio.

Ovviamente l'uomo sarà sempre tentato di "pensarle" come vere, ma pensare non equivale a conoscere e quindi non si può dire se sono vere o false con certezza. La conoscenza infatti richiede due elementi: l'intuizione sensibile, grazie alla quale l'oggetto è dato ed il concetto, in virtù del quale l'oggetto viene categorizzato dall'intelletto. Il pensiero invece è possibile anche in mancanza dell'intuizione sensibile (vedi la metafisica, a cui viene definitivamente negata la possibilità di essere scienza). Date queste definizioni, ne consegue che l'estensione del conoscere è più piccola rispetto all'estensione del pensare, dato che la ragione può pensare anche al di là dell'esperienza ed in mancanza di dimostrazioni scientifiche.

Il termine "dialettica" stesso è assunto in modo negativo, perché indica quando si conferisce alle illusioni l'aspetto della realtà.

Kant chiama "ragione" la facoltà che insegue tale sogno dell'infinito, dell'incondizionato e dell'assoluto (in contrapposizione all'"intelletto", che era la facoltà conoscitiva tipica della conoscenza). Inoltre definisce "idee trascendentali" i "concetti puri della ragione", ossia i concetti di anima, mondo e Dio tramite cui la ragione unifica la totalità dei dati dell'esperienza.


La critica dell'idea di anima

La psicologia razionale ha un'idea dell'anima, ossia unità di coscienza come sostanza spirituale ed immortale. Kant invece crede che l'unità della coscienza sia semplicemente l'io penso che abbiamo individuato come una semplice funzione di sintesi conoscitiva. Infatti lui pensa che la psicologia razionale non sia una disciplina scientifica, in quanto si fonda su errori logici, detti "paralogismi". Infatti pretendere di attribuire all'io penso il carattere di "sostanza", che significa usare illegittimamente le categorie che andrebbero riferite solo al mondo dell'esperienza e quindi non potrebbero venire applicate all'anima.


La critica dell'idea di cosmo

La cosmologia razionale pretendeva di descrivere il mondo come totalità sostanziale incondizionata di tutte le cose fisiche. Tuttavia secondo Kant è una lettura errata, perché nel cercare di dimostrare l'esistenza del cosmo ci si aggroviglia in una serie di "antinomie" (contradizioni), ossia coppie di affermazioni opposte. Un esempio è:

- il mondo è limitato nello spazio e nel tempo;

- il mondo non ha limiti ne di spazio ne di tempo.

In pratica si cade inevitabilmente nell'errore, perché non ha senso tentare di descrivere la totalità della realtà quando solo parte di questa è esperibile dall'uomo.


La critica dell'idea di Dio

La teologia razionale si sforza di dimostrare l'esistenza di Dio, ma secondo Kant ciò non regge ad una valutazione critica. Cerchiamo di "smontare" una ad una le più famose prove dell'esistenza di Dio:

- prova ontologica à essa, partendo dall'idea di Dio come essere perfetto, mira a dimostrare che egli deve necessariamente esistere, perché se non esistesse non sarebbe perfetto. L'errore sta nell'assumere l'esistenza a partire dal predicato ("esiste") di un soggetto ("l'essere perfetto"), mentre in realtà l'esistenza è una "determinazione" reale della cosa, che si può affermare solo grazie all'esperienza;

- prova cosmologica à pretende di dimostrare l'esistenza di Dio partendo dall'esistenza degli enti. L'errore sta nell'adoperare illegittimamente il concetto di causa, perché in questo caso avviene al di fuori dell'esperienza, infatti la causa serve a congiungere i fenomeni sensibili tra loro e Dio è un fenomeno non sensibile;

- prova fisico-teologica à partendo dalla costatazione dell'ordine della bellezza del mondo si giunge ad un Dio sommo ordinatore. L'errore sta nel fatto che l'ordine del mondo viene ricondotto ad una causa che è al di là della natura, per l'appunto Dio, mentre molto più probabile che sia il frutto della natura stessa.


La funzione regolativa della ragione

Possiamo quindi concludere che l'anima, il mondo e Dio sono gli oggetti "impossibili" della ragione finita. Tuttavia hanno una funzione regolativa, perché grazie ad essi l'uomo aspira ad una sempre maggiore perfezione in tutti i campi.

Tuttavia secondo Kant si stratta di una meravigliosa illusione, che si gratifica la nostra esperienza, ma che dobbiamo rifiutare: la "filosofia critica" ci impone di accontentarci del mondo fenomenico.

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