Kant ed il problema estetico nella Critica del giudizio



I giudizi del sentimento

Nella "Critica del giudizio" Kant si concentra sul "sentimento", una facoltà intermedia tra l'intelletto e la ragione e attraverso cui fare esperienza della finalità presente nel reale.

Vi è dunque fare una distinzione tra il giudizio esaminato nella "Critica della ragion pura", quindi giudizi dell'intelletto, ed il giudizio di cui si parla qui, quindi giudizi del sentimento: i primi sono detti giudizi determinanti (unificano il molteplice attraverso le categorie dell'intelletto ed alla fine "determinano" l'oggetto fenomenico), i secondi sono detti giudizi riflettenti (si limitano a "riflettere" sull'oggetto così com'è).

I giudizi riflettenti possono essere a loro volta di due tipi:

- i giudizi estetici riguardano il rapporto tra il soggetto e la rappresentazione dell'oggetto, nello specifico il gradimento che vi è di quest'ultima;

- i giudizi teleologici colgono la finalità interna agli oggetti stessi.


Il giudizio estetico

In questo caso "estetico" torna ad assumere il significato comune di "relativo all'arte ed alla bellezza". Si occupa di due concetti, il bello ed il sublime.

Innanzitutto analizzeremo il bello. Kant osserva che, quando noi dobbiamo stabilire se qualcosa è bello, non adoperiamo la facoltà teoretica, bensì ci limitiamo a riflettere sugli oggetti ed esprimere un giudizio contemplativo "di gusto", nel senso che facciamo riferimento al sentimento di piacere o di dispiacere che si è manifestato in noi dopo la visione di quel qualcosa: questo è proprio il giudizio estetico. Da notare come esso sia assolutamente disinteressato, infatti non riguarda l'oggetto in sè, la sua esistenza o il suo possesso, bensì la rappresentazione di esso.


Il carattere universale del bello

Per Kant il giudizio di gusto, pur riguardando un sentimento che la rappresentazione di una cosa bella suscita nel soggetto pretende di essere universale. Sembrerebbe un paradosso, ma quando affermiamo ad esempio che "questo paesaggio è bello", presupponiamo che tutti debbano essere d'accordo, senza però poter giustificare concettualmente tale emozione: la bellezza è qualcosa che ognuno di noi, nessuno escluso, può intuire in modo immediato, anche se non riusciamo a dargli una spiegazione intellettuale.


La distinzione tra il piacere estetico ed i gusti personali

Tuttavia per spiegare meglio il paradosso del paragrafo precedente, Kant fa alcune distinzioni.

La prima distinzione è tra:

- il piacere estetico à il sentimento deriva dall'immagine e dalla forma dell'oggetto ed è ciò che dà origine a giudizi estetici puri, universali e privi di condizionamenti;

- il piacevole à è "ciò che piace ai nostri sensi" nella nostra singola esperienza ed è ciò che dà origine a giudizi estetici empirici, soggettivi e relativi.

La seconda distinzione è tra:

- la bellezza libera à colta senza pensare ad alcuno scopo o perfezione a cui l'oggetto dovrebbe corrispondere;

- la bellezza aderente à si apprezza l'oggetto proprio in virtù della sua funzionalità per un determinato scopo o alla sua adesione ad un determinato archetipo di perfezione (questo giudizio non può essere puro perché viene complicato da considerazioni che vanno al di là della semplice rappresentazione dell'oggetto).


La legittimazione dei giudizi estetici puri

La legittimazione di universalità dei giudizi di gusto parte da una convinzione di Kant rispetto alla comune struttura mentale degli uomini, che condividono un "senso comune". È il senso comune che permette di cogliere quando vi è un accordo tra l'immagine della cosa e le nostre esigenze di unità e finalità, infatti di fronte ad un oggetto bello riusciamo ad avvertire se si adatta alla nostra attitudine. Se il senso comune è presente in tutti gli uomini, di conseguenza ciascuno di loro sentirà in maniera analoga il piacere che ne deriva.

Infatti secondo il filosofo la bellezza non risiede negli oggetti, bensì nel soggetto: quest'ultimo, sperimentando un sentimento di armonia su sè stesso, lo proietta inconsapevolmente sugli oggetti, come se si trattasse di una loro proprietà intrinseca. Ne consegue che il giudizio estetico è un giudizio di relazione.


Il sublime

Consiste in un sentimento dell'illimitato, il quale, difronte ad un spettacolo peculiare della natura, ci fa sentire affascinati ed inquietati al tempo stesso (da qui il termine "piacere negativo", che mostra l'ambivalenza della situazione).

Il sublime è di due tipi:

- matematico (deriva dalla grandezza della natura, come l'immensità del cielo e del mare);

- dinamico (deriva dalla potenza della natura, come i terremoti e le tempeste).

Entrambi, bello e sublime, piacciono per sè stessi così come appaiono. Tuttavia, il bello riguarda la forma dell'oggetto, mentre il sublime spesso riguarda qualcosa di indefinito e privo di forma.

Come per il bello anche qui dall'oggetto si riconduce tutto al soggetto: inizialmente l'uomo definisce sublime uno spettacolo esteriore, in seguito riconosce in sè stesso il sentimento del sublime, che sia grandezza o che sia potenza, attribuito inizialmente all'oggetto. Quindi grande e potente è la qualità dell'uomo in quanto essere pensante.


La creazione artistica ed il ruolo del "genio"

Kant analizza la differenza tra creazione artistica ed il lavoro di un artigiano: la prima è creazione libera, mentre la seconda è creazione condizionata (quindi non entra nella discussione estetica).

L'arte è libertà ed il genio (che Kant identifica con "il talento tramite il quale la natura da le regole all'arte), non è tenuto a rendere conto delle procedure del suo lavoro in modo tecnico e scientifico; tuttavia la sua creazione può diventare misura del giudizio estetico altrui.


Il giudizio teleologico

I giudizi teleologici, analogamente a quelli estetici, riguardano il rapporto tra un oggetto ed un soggetto, ma a differenza dei giudizi estetici non rispondono alla domanda "mi piace / non mi piace?", bensì rispondono alla domanda "qual è il suo scopo / funzione?". Nella natura spesso vediamo del finalismo, ma non si tratta di una finalità oggettiva perché siamo noi uomini che stabiliamo scopi e funzioni riflettendo sugli oggetti naturali ed in base ai nostri interessi. Anche se scopi e funzioni dipendono dai nostri interessi, sono universali, perché esigenza dell'umanità intera.


Il valore regolativo del giudizio teleologico

Viene fatta una distinzione tra la fisica, che è regolata dalle leggi del meccanismo (pensiamo all'orologio, che muove un complesso ingranaggio, ma non ha capacità autoregolative, nel senso che un orologio non può creare un altro orologio o auto ripararsi) e la biologia, che segue le prospettive teleologiche (pensiamo ad un albero, che a differenza dell'orologio, può creare altri esemplari della stessa specie, svilupparsi, conservarsi ed in caso di malattia rigenerarsi).

Dunque il mondo biologico non è può essere spiegato semplicemente tramite il rapporto causa effetto, e nemmeno per mezzo del caso: va per forza riconosciuta un'intenzione creatrice che gli ha prodotti in vista del benessere umano. Da ciò scaturisce l'ovvia conseguenza della teologia. Tuttavia il giudizio teologico non ha valore scientifico, ma solo regolativo (è l'unico modo di rappresentare la realtà).

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