Kant e la visione religiosa e politica



Il culto della vita morale

L'opera "La religione nei limiti della semplice ragione" viene scritta negli ultimi anni della vita di Kant e verrà censurata da Federico Guglielmo II, il quale accusa l'autore di aver deformato i dogmi fondamentali del cristianesimo.

Nell'opera Kant aveva affermato l'esigenza di capovolgere i rapporti tra religione e morale, infatti secondo lui la prima andava fondata sulla seconda (non bisognava considerare certe azioni doverose in quanto precetti di Dio, ma al contrario bisognava considerare certe azioni precetti di Dio in quanto "interiormente doverose"). Viene presentata questa idea di religione naturale, secondo la quale l'unico culto è la vita morale, che si esercita intimamente e segretamente, in quanto non dipende da una prescrizione esteriore.

Esiste una tendenza al male (definita "male radicale") che è piena responsabilità dell'uomo dato che lui è libero e deve scegliere tra essa, oppure l'imperativo categorico.


L'ideale di una comunità pacifica dei popoli

Kant compone anche numerosi saggi ispirati a i nuovi ideali romantici che stavano sorgendo in Germani in quel periodo. Uno di questo è l'opuscolo "per la pace perpetua", nel quale il filosofo invita alla creazione di una comunità pacifica dei popoli.

Tale obiettivo deve guidare gli uomini anche attraverso la storia e la politica: esse non seguono uno sviluppo razionale intrinseco e non hanno un ordine progressivo, quindi la comunità possiede un ampio raggio di azione.


Il primato della morale sulla politica

"Per la pace perpetua" considera la pace non solo un interesse degli stati europei, bensì di tutto l'universo.

La pace perpetua è una condizione di pace stabile e continua e la sua necessità dipende dal primato che la morale ha sulla politica. Lo Stato non può andare contro i principi etici fondamentali, soprattutto attraverso la guerra, anche se quest'ultimo rappresentasse uno strumento per far valere un proprio diritto. In questa prospettiva i cittadini sono considerati soprattutto delle persone, in quanto esseri che fanno parte del "regno dei fini", quindi non possono essere trattati come scopo.

Allora il filosofo ritiene necessario elaborare un unico diritto cosmopolitico: è un ordinamento giuridico sovranazionale che regolamenta i rapporti tra nazioni. La conseguenza sarebbe una "lega di popoli" che tuteli tali diritti.


La "natura" come fonte di differenza e di unione

La conflittualità naturale umana ha fatto sì che i popoli si distribuissero su tutta la Terra e venissero elaborate lingue e religioni differenti. Queste diversità potrebbero incentivare le rivalità, ma dobbiamo cerca di vedere le differenze culturali dei vari paesi come un valore aggiunto, un segno di pluralismo ed una fonte di libertà.

La natura, oltre che essere origine della separazione, è anche garanzia della pace tra nazioni: putando sul movente economico, porta gli uomini a formare non lege con gli scopi bellici, bensì accordi per vivere in armonia.

Kant ci ricorda tuttavia come tali associazioni volontarie tra uomini vadano delineate nel concreto come forme giuridiche internazionali: l'obiettivo della pace perpetua non può rimanere un'ideale utopistico, ma deve incarnarsi in leggi, in modo da diventare un progetto concreto verso cui orientare le politiche decisionali di tutti i paesi.


Gli articoli preliminari dell'opera

Kant suddivide "per la pace perpetua" in:

- articoli preliminari à sono espressi in forma negativa perché indicano proibizioni. Per lo più predicano il fatto che la pace corrisponda non con la sospensione dell'ostilità, ma con la sua definitiva soppressione.


Gli articoli definitivi

- articoli definitivi à sono espressi in forma positiva, poiché indicano prescrizioni. Sottolineano che la condizione di pace non sia innata e spontanea, ma debba essere istituita dalle nazioni con un atto decisionale.

La forma di governo più adatta in questo caso è quella repubblicana, poiché fondata sui principi della libertà per tutti (in quanto uomini) della loro dipendenza da un'unica comune legislazione (come sudditi dell'uguaglianza) come cittadini: dato che gli uomini hanno stipulato di propria spontanea volontà un contratto sociale, ciò rappresenta la legittimazione alla costituzione.

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